Il Dalai Lama definisce la compassione come: “Una sensibilità verso la sofferenza di noi stessi e degli altri, unita ad un profondo impegno nel tentare di alleviarla”. Numerose ricerche scientifiche dimostrano che esiste un comune denominatore nella ricerca della felicità, caratteristica precipua del genere Homo sapiens, vale a dire un desiderio di armonia interiore e interconnessione familiare e sociale, e la compassione è un elemento cruciale nei rapporti con sè stessi e con gli altri.
Essa infatti implica la capacità di comprendere e rispondere ai bisogni, alle sofferenze e alle gioie degli altri con gentilezza ed empatia, anche se compassione ed empatia non sono la stessa cosa. L’empatia cerca di comprendere profondamente le emozioni e le esperienze degli altri, la compassione ci fa fare un passo in avanti verso l’altro, cercando di trovare il modo per allieviare le sue sofferenze o per condividere la sua gioia.
Prima di poter essere compassionevoli nei confronti degli altri, è importante praticare l’auto-compassione; cioè anzitutto trattiamo noi stessi con gentilezza quando affrontiamo sfide o fallimenti, così come quando ci sentiamo immersi nella gioia e nella felicità. E a proposito di questo, non limitiamoci a condividere le sofferenze, ma partecipiamo agli altri anche i nostri momenti di gioia, condividiamo i nostri momenti di felicità.
Tutte le esperienze sensoriali ed emotive che ci portano a comprendere, a sentire, a interagire con gli altri, non possono prescindere dall’ascolto attivo e dall’approccio senza giudizio: osservare, ascoltare, comprendere senza giudicare. L’ascolto attivo mostra rispetto e apre la porta a una comunicazione più compassionevole, portandoci ad accettare gli altri senza condizioni, poiché ognuno ha la propria storia, fatta di esperienze e sfide, e la compassione richiede un atteggiamento di non giudizio. Allo stesso modo comunicare in modo chiaro e rispettoso, cercando di evitare parole o comportamenti che possano causare dolore, offre agli altri un aiuto disinteressato e partecipato; ricordiamoci che la gentilezza nelle parole e nelle azioni, benché oggi stia quasi diventando un valore desueto, ha un effetto positivo sugli altri e anche su noi stessi.
Non dimentichiamoci di riconoscere e rispettare le differenze tra le persone, inclusi background culturali, opinioni e stili di vita. La compassione abbraccia la diversità anziché giudicarla.
Vi sono pratiche di meditazione mindfulness che possono aiutarci a sviluppare empatia, compassione, gentilezza, non giudizio; in particolare la meditazione sull’Amorevole Gentilezza coltiva la benevolenza, la cura verso sé e verso gli altri e ci aiuta a sviluppare un maggior numero di pensieri con valenza positiva. Essa, abbinata alla meditazione sull’Attenzione al Respiro, che ci porta a una diminuzione del numero di pensieri, a una minore tendenza alla distrazione e a un aumento della concentrazione sul presente, ci dà la possibilità di praticare la gentilezza consapevolmente e senza la ricerca di un tornaconto personale.
Quanto siamo disposti a offrire il nostro aiuto e il nostro tempo senza un tornaconto personale? La generosità, che può assumere molte forme, contribuisce a costruire connessioni più forti e a coltivare un senso di comunità. La capacità di comprendere e rispondere alle esigenze degli altri con gentilezza e generosità contribuisce a creare un ambiente di supporto e connessione positivo e costruttivo, sia nella vita sociale, sia nella vita familiare, sia nei luoghi di lavoro.
Noi Italiani questo lo sappiamo bene, visto che siamo uno dei popoli più attenti e pronti alla chiamata in caso di catastrofi più o meno naturali, per aiutare persone travolte da eventi di eccezionale portata, ma anche per seguire e confortare chi purtroppo o per scelta vive per strada, spesso senza la possibilità di soddisfare i bisogni primari: nutrirsi, dormire in un luogo sicuro, curarsi.
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